Avvocato Domenico Esposito
 

NULLA L’ACQUISIZIONE DEI CONTI CORRENTI SENZA L’AUTORIZZAZIONE DEL COMANDANTE DI ZONA

 

L’indagine bancaria, a fini tributari, da parte della guardia di finanza, è legittima solo se autorizzata dal Comandante di zona (art. 32 D.P.R. 600/1972).

 

 

 

 

 

CASSAZIONE CIVILE, SEZIONE TRIBUTARIA, 10.4.2009, N. 8766


La Corte Suprema Di Cassazione
Sezione Tributaria

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente -
Dott. MARIGLIANO Eugenia         - rel. Consigliere -
Dott. DI IASI Camilla                      - Consigliere -
Dott. POLICHETTI Renato              - Consigliere -
Dott. GRECO Antonio                      - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

 

sentenza

 

sul ricorso 18027-2005 proposto da:
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma via dei Portoghesi 12 presso l'Avvocatura Generale Dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis;  - ricorrenti –

 

contro

(…);  - intimato -
avverso la sentenza n. 260/2002 della Commissione Tributaria Regionale Di Bologna, depositata il 13/12/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/02/2009 dal Consigliere Dott. Eugenia Marigliano;
udito per il resistente l'Avvocato (…), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Gambardella Vincenzo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Fatto

A seguito di segnalazione della Banca Agricola Mantovana per operazioni sospette, L. n. 197 del 1991, ex art. 3, relative a (…) e (…) inviate al Nucleo speciale della Polizia Valutaria della Guardia di finanza di Roma, quest'ultimo trasmetteva dette informative al Comando del Nucleo regionale della Polizia tributaria della Guardia di finanza di Bologna che, acquisita copia degli estratti di quattro conti correnti bancari, intestati oltre che ai due nominativi segnalati, anche alle società (…) e (...), e sentita a chiarimenti (…), sottoponeva a verifica fiscale la società (…).

 

Conseguentemente il terzo Ufficio delle entrate di Bologna notificava alla stessa società, in data 21.11.1999, avviso di accertamento per IRPeG ed ILOR n. (OMISSIS), in relazione all'annualità d'imposta 1995, contestando maggiori ricavi e maggiori imposte oltre interessi e sanzioni.

 

La società impugnava tale atto innanzi alla C.T.P. di Bologna eccependo, per quanto ancora rileva del presente giudizio, l'illegittimità dell'acquisizione e dell'utilizzazione della documentazione bancaria perchè operata in assenza della necessaria autorizzazione prevista per legge e la duplicazione di imposizione in ordine al recupero di L. 7.200.000 relativa ad alcune note di accredito.

Resisteva l'Ufficio sostenendo la legittimità del suo operato.
La C.T.P. adita respingeva i ricorso; su gravame della società, la C.T.R. dell'Emilia Romagna accoglieva l'appello ed, in riforma della sentenza di primo grado, annullava l'avviso di accertamento, ritenendo illegittima l'acquisizione e l'utilizzazione della documentazione bancaria perchè operata in assenza della preventiva autorizzazione del Comandante di zona, così come prescritto dal D.P.R. n. 600 del 1972, art. 32.

Avverso detta decisione il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione, sulla base di unico motivo, articolato in due distinte censure. Non risulta costituita la società.

 

Diritto

Con l'unico motivo l'A.F. denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 197 del 1991, art. 3, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 153 del 1997, per avere la C.T.R. ritenuta necessaria l'autorizzazione prescritta D.P.R. n. 600 del 1972, art. 32, mentre, dato che le indagini bancarie erano state attivate solo dopo la segnalazione del Nucleo speciale della Polizia Valutaria della Guardia di finanza di Roma, la Guardia di finanza, quale polizia tributaria, avrebbe agito nell'esercizio dei poteri di polizia valutaria di cui all'art. 3 sopracitato secondo il quale tali poteri "sono estesi anche agli ufficiali di polizia tributaria dei nuclei regionali e provinciali di polizia tributaria della Guardia di finanza ai quali il Nucleo speciale della Polizia valutaria può demandare l'assolvimento degli incarichi affidatigli dal presente decreto". Conseguentemente nella specie non sarebbe stata necessaria alcuna autorizzazione.

Lamenta, inoltre, parte ricorrente, un'omessa pronuncia con violazione dell'art. 112 c.p.c. in quanto la C.T.R. non si era in alcun modo pronunciata in ordine al recupero a tassazione della nota di accredito di L. 7.200.000 che era parte dell'imposizione, contestata dalla società e riproposta dall'Ufficio in appello.


Occorre preliminarmente dichiarare l'inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell'economia e delle finanze in quanto lo stesso nel presente procedimento è privo di legittimazione processuale, non essendo stato parte in grado di appello, come è dato rilevare anche dall'epigrafe della sentenza impugnata, ove il gravame risulta proposto dall'Agenzia delle entrate, Ufficio di Bologna (…), in data 23.2.2001.


A seguito della riforma dell'Amministrazione finanziaria ai sensi del
D.Lgs. n. 300 del 1999, sono state istituite le Agenzie fiscali e, pertanto, a partire dal 1 gennaio 2001 (data d'inizio dell'operatività di detti enti), la legittimazione processuale attiva e passiva nel contenzioso tributario compete a dette istituzioni, dotate di personalità giuridica, e non più al Ministero od agli uffici periferici dello stesso non più esistenti a seguito dell'intervenuta riforma.

La prima censura di ricorso è infondata.

 

Sostiene parte ricorrente che nella specie non sarebbe stata necessaria l'autorizzazione del Comandante di zona prevista dal D.P.R. n. 600 del 1972, art. 32 in quanto l'indagine bancaria presso la Banca Agricola Mantovana e la successiva acquisizione e utilizzazione della documentazione era stata attivata solo dopo che la guardia di finanza di Bologna aveva ricevuto la segnalazione della segnalazione del Nucleo speciale della Polizia Valutaria della Guardia di finanza di Roma, per cui la Guardia di finanza di Bologna aveva agito nell'esercizio dei poteri di polizia valutaria di cui al D.L. n. 143 del 1991, art. 3, convertito in L. n. 197 del 1991 secondo il quale tali poteri "sono estesi anche agli ufficiali di polizia tributaria dei nuclei regionali e provinciali di polizia tributaria della Guardia di finanza ai quali il Nucleo speciale della Polizia valutaria può demandare l'assolvimento degli incarichi affidatigli dal presente decreto".

 

Tale interpretazione non è condivisibile. Dalla lettura dell'art. 3 sopra riportato si evince che i poteri di polizia valutaria possono essere sì delegati alla polizia tributaria della Guardia di finanza ma solo, come espressamente riportato nella norma, "per l'assolvimento degli incarichi affidatigli dal presente decreto" e cioè solo per indagini valutarie. Detta interpretazione è avvalorata anche dal titolo del decreto legge, successivamente convertito nella L. n. 197 del 1991, che recita: "Provvedimenti urgenti per limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l'utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggi". Operazioni tutte di natura squisitamente valutaria e non tributaria.

 

Conseguentemente, quando la Polizia tributaria volesse esperire accertamenti tributari deve, come previsto dal D.P.R. n. 600 del 1972, art. 32, acquisire la preventiva autorizzazione del Comandante di zona perchè valuti l'opportunità e la necessità di esperire tali indagini, nè vale a questo proposito richiamarsi in via analogica alla corrispondente possibilità di usufruire di indagini penali senza l'autorizzazione del P.M. competente, in quanto tale autorizzazione non è posta a garanzia del contribuente ma solo a difendere un eventuale segreto istruttorio e ciò a prescindere anche dal fatto che in materia tributaria non è applicabile l'istituto dell'analogia.

 

La seconda doglianza è invece fondata.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, quando in sede di legittimità si assuma, come in concreto sostiene l'Amministrazione ricorrente, che il giudice del merito non abbia rispettato l'ambito del potere decisorio individuato dalla domanda, in violazione della regola fissata dall'
art. 112 c.p.c. il quale, nel rispetto del potere dispositivo delle parti, gli impone di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia a quella della richiesta, nella specie si è in presenza di un problema di natura tipicamente processuale per risolvere il quale la Corte di Cassazione ha il potere dovere di procedere al diretto esame degli atti processuali onde acquisire gli elementi di giudizio necessari alla valutazione della sussistenza della violazione denunciata (cfr, ex multis, Cass. civ. sentt. nn. 1108 del 1999; 424 del 1998; 9314 e 3782 del 1997; 2113 del 1995).


Dall'esame degli atti, permesso a questa Corte, trattandosi, come detto, di denuncia di vizio in procedendo, risulta, che la società nel ricorso introduttivo aveva contestato la ripresa a tassazione per L. 7.200.000 relativa ad alcune note di accredito, tale censura accolta dalla C.T.P. era stata impugnata in appello dall'Ufficio che ne rivendicava il recupero. Detta doglianza è stata del tutto obliterata dalla C.T.R. che si è pronunciata solo in merito alla contestata illegittimità dell'acquisizione e dell'utilizzazione della documentazione bancaria perchè operata in assenza della necessaria autorizzazione prevista per legge.

Questo essendo l'oggetto del processo determinato dall'iniziativa delle parti, la doglianza di omessa pronuncia avanzata dall'Ufficio deve essere ritenuta fondata.

 

Tutto ciò premesso, dichiarata l'inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell'economia e delle finanze e respinta la prima censura avanzata dall'Agenzia delle entrate, deve essere accolta invece la seconda e, cassata la sentenza impugnata in relazione alla violazione dell'art. 112 c.p.c., la causa va rinviata per un nuovo esame ad altra sezione della C.T.R. dell'Emilia Romagna che provvederà anche al governo delle spese di questa fase di legittimità.

 

P.Q.M

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell'economia e delle finanze, rigetta la prima censura del ricorso dell'Agenzia delle entrate, accoglie la seconda concernente la violazione dell'art. 112 c.p.c., cassa la sentenza impugnata in relazione alla doglianza accolta e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della C.T.R. dell'Emilia Romagna.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione tributaria, il 16 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2009